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ITALIA TV. Deludente prestazione di Kamala alla CNN

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ITALIA TV. Deludente prestazione di Kamala alla CNN

(italiatv) La “prima” di Kamala non è andata bene. L’intervista rilasciata con Walz alla CNN ha presentato una Harris non ancora pronta al confronto e certamente non ancora padrona della comunicazione. E’ apparsa contradditoria, vaga e timorosa nei contenuti; ingobbita più bassa del suo vice, che per lo più è stato muto. Non è da sottovalutare l’immagine, la fotografia dell’evento: è da secoli di storia dell’arte che si sa che in presenza di due figure di diverso rango, la maggiore deve essere più alta. L’allievo guarda il maestro dal basso, non dall’alto. Harris per tutta l’intervista è stata la più bassa.
Sui contenuti discussi suggerisco la pagina del fact-checking della CNN stessa, che appunto dimostra la performance deludente: https://edition.cnn.com/2024/08/29/politics/video/kamala-harris-first-interview-fracking-position-fact-check-daniel-dale-digvid

La “stecca” più clamorosa è stato un (patetico) tentativo di carezza alle big Companies del petrolio: “Il cambiamento climatico è reale e grave. Ma si al fracking”. Il fracking è una perforazione dentro una formazione di roccia contenente idrocarburi, immettendo acqua e acidi per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o del gas da argille attraverso micro-esplosioni sotterranee. Naturalmente, dopo il fracking nessun terreno resta fertile.

Ma c’è un tema che non è stato trattato e che però potrebbe essere l’elefante nella stanza, o almeno uno degli elefanti: la proposta di tassare anche i profitti azionari ancora non realizzati. La cosa va spiegata bene, perchè è una buccia di banana lunga chilometri.

La follia.
Con l’attuale sistema, il governo federale tassa solo i profitti derivanti da investimenti azionari una volta che un’azione viene venduta, le cosiddette plusvalenze. Il piano che sembra proporre Harris imporrebbe una nuova tassa sulle partecipazioni azionarie man mano che il loro valore aumenta, indipendentemente dal fatto che vengano incassate o meno. La cosa ha del clamoroso perchè impone una tassa prima ancora di incassare il profitto (…!).
Va precisato però che si tratterebbe di una misura per i patrimoni over 100 milioni, quindi solo per i circa 10mila soggetti più ricchi degli USA.
Attualmente, non esiste una tassa del genere; l’idea è venuta perchè secondo la maggior parte delle stime, l’1% più ricco ha circa il 40% della propria ricchezza vincolata in plusvalenze non realizzate.

La ragione.
L’assenza di tasse sulle plusvalenze è stata considerata da alcuni economisti ed esperti fiscali una scappatoia per i ricchi. Poiché le tasse vengono imposte solo quando le azioni vengono vendute, i ricchi hanno implementato una strategia comunemente chiamata “acquista, prendi in prestito, muori”, che prevede l’acquisto di asset e l’indebitamento sul valore di tali asset per acquistare ancora più asset. Questa è un’azione esente da imposte, che consente di trasferire gli asset agli eredi, che finiscono per non pagare tasse sugli asset. In definitiva, per tutta la durata della proprietà di un dato asset, non viene pagata alcuna imposta; e poi magari c’è il fallimento e conseguente impossibilità di recupero del dovuto.

Per quanto sia essenziale in questa idea la soglia dei 100milioni, perchè di fatto riguarda l’1% della popolazione e solo i super ricchi, il rischio è quello che gli americani inizino a temere che la soglia si possa abbassare o comunque che venga messo in discussione un caposaldo del capitalismo e del sogno americano, ovvero quello dell’investimento azionario, nelle Società, nell’America che produce. E c’è l’argomento forte per i detrattori del “Vuole tassare anche quello che ancora non ho ottenuto/guadagnato!”

In breve: Harris forse pensa sia una proposta a favore della “classe media” (perchè bastona i ricchi) ma rischia grosso sulla percezione; anche perchè i repubblicani si guardano bene dallo specificare che è un’operazione chirurgica e faranno di tutto per nascondere questo “dettaglio”.